03. Novembre 2022

PAKISTAN

VICENDA DI ASIA BIBI
Tutto il mondo guarda con apprensione alla vicenda di Asia Bibi, la donna pakistana di fede cristiana arrestata nove anni fa e condannata a morte con l'accusa di blasfemia.

Con l'approssimarsi della sentenza definitiva da parte della corte suprema pakistana le autorità hanno subito da un lato le pressioni internazionali per la liberazione della donna, dall'altra le proteste degli estremisti islamici del Paese, che chiedevano la conferma della condanna a morte emessa nei precedenti gradi di giudizio.
A inizio novembre la corte suprema ha ribaltato le precedenti sentenze scagionando Asia Bibi dalle accuse che le erano state mosse e ordinando la liberazione della donna; la decisione ha scatenato la furia degli estremisti islamici, che hanno provocato disordini in tutto il Paese: per settimane le strade sono state bloccate dai manifestanti che chiedevano la morte di Asia Bibi e anche i giudici responsabili della sua assoluzione hanno ricevuto minacce di morte. In un primo momento il governo si era piegato alle proteste rimandando la liberazione della donna; in seguito Asia Bibi è stata liberata e trasferita in una località segreta per garantirne l'incolumità. In questo momento però la donna è più in pericolo di quando era detenuta, e i rischi per lei cesseranno solo quando le verrà concesso un visto con il quale potrà lasciare il Paese.

Il caso di Asia Bibi ha messo in luce le condizioni che tutti i cristiani, in Pakistan, affrontano quotidianamente: le minacce e le violenze nei loro confronti sono costanti e le autorità non intervengono per difenderli dalle vessazioni. Da anni ACP è vicina alle chiese cristiane del Paese in diverse forme: la nostra missione sostiene pastori e missionari nel loro servizio e si impegna a offrire opportunità di formazione ai cristiani più svantaggiati, in modo da fornire loro le basi per un miglioramento delle loro condizioni di vita.

La vicenda di Asia Bibi

Asia Bibi, cristiana, madre di cinque figli, è stata arrestata il 19 giugno 2009 nel villaggio di Itanwali, 75 km a ovest di Lahore. Lavorava a giornata nei campi e su ordine di un datore di lavoro era andata al pozzo a prendere l’acqua per lei e le altre lavoratrici, ma le altre donne si erano rifiutate di bere perché secondo loro il recipiente era "impuro", in quanto era stato toccato da una cristiana.

Il diverbio nato da questo episodio si è esteso e Asia Bibi è stata trascinata da un gruppo di estremisti musulmani in una moschea; qui ha subito pressioni volte a farle rinnegare la sua fede cristiana e al suo rifiuto è stata picchiata e violentata, prima di venire consegnata alla polizia. Trattenuta in carcere e processata sulla scorta di accuse pretestuose, l’8 novembre 2010 è stata condannata a morte per impiccagione dal tribunale di Nankana in base alla legge sulla blasfemia. Per i successivi otto anni Asia Bibi è rimasta in una cella d’isolamento, in attesa dei successivi gradi di giudizio e dell'ultima sentenza, finalmente favorevole, che le ha permesso di uscire dal carcere e di rivedere i suoi cari.



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